Header

Quando s’inizia a fare davvero la User Experience?

Il mondo dell’User Experience (UX) è spesso oggetto di fraintendimenti e interpretazioni diverse. È una di quelle discipline che, seppur ampiamente discusse e insegnate, possono sfuggire a una comprensione completa. In molti corsi dedicati all’UX, si enfatizza l’importanza di iniziare il processo di progettazione di un’app mobile dalla ricerca o dal riconoscimento di un bisogno. Si sostiene che l’obiettivo finale è ottenere un prodotto che sia accessibile, facile e veloce nel raggiungere uno scopo specifico.

Tuttavia, riflettendo su questa affermazione, emergono delle considerazioni interessanti. L’UX, a mio parere, non è semplicemente una sequenza lineare di passaggi da seguire. È piuttosto un processo che nasce dalla volontà di affrontare una serie di sfide, alcune complesse e altre meno, che si presentano lungo il percorso di progettazione. La volontà di capire le esigenze degli utenti, di rendere un’app intuitiva e di garantire un’esperienza utente soddisfacente attraversa molteplici fasi. Non è solo una questione di inizio e fine, ma piuttosto un ciclo continuo di adattamento e miglioramento.

Non posso farne a meno che citare l’app di Uber, credo è un ottimo esempio di come la “UX” possa trasformare un’esperienza quotidiana in qualcosa di magico e coinvolgente. La semplicità e l’efficacia della loro icona, rappresentata da una piccola macchinina che si avvicina, crea un momento quasi incantato, aggiungendo un tocco di anticipazione ed eccitazione al servizio. È un elemento distintivo che ha contribuito a definire l’identità visiva di Uber. La funzionalità di comunicare direttamente con l’autista tramite l’app è un altro aspetto brillante. Questo non solo semplifica la logistica, ma aggiunge anche un elemento di connessione umana all’esperienza, rendendo il viaggio più personale e diretto. Anche la possibilità di scegliere la tipologia di veicolo è un dettaglio ingegnoso che mette in risalto la flessibilità del servizio. Va bene si, è una stupidita ma, offre agli utenti la sensazione di avere un controllo personalizzato sulla loro esperienza, creando un senso di empowerment e adattabilità.

Tornando un po’ a noi. Direi che si tratta di un connubio affascinante tra il raffinato savoir-faire e l’arte persuasiva della vendita. Una sorta di danza tra l’innocenza parziale e l’apparente intoccabilità, una fragilità che sfida l’ordine stabilito con una dose di follia ben dosata. Scrivo tutto questo perché, quando ci si trova di fronte alla creazione di un’applicazione con un obiettivo chiaro, come la consegna a domicilio, sembra quasi di avere una mappa ben definita del percorso che l’interfaccia dovrà seguire per offrire un’esperienza impeccabile. Ma tutto cambia quando ci si trova di fronte alla sfida di creare la stessa app per utenti non vedenti.

In questo caso, è come se ci si trovasse a dipingere un quadro senza poter vedere i colori o a comporre una sinfonia senza poter udire le note. È un’avventura in cui la ricerca dell’equilibrio tra funzionalità e accessibilità richiede un tocco di genialità e un pizzico di pazzia. Creare un’esperienza coinvolgente e intuitiva per chi non può affidarsi alla vista è una sfida che mette alla prova la creatività e la dedizione.

Quindi, la prossima volta che ci si trova di fronte a qualcosa di nuovo o leggermente sconosciuto, forse vale la pena di abbracciare la stessa intensità di ricerca e approfondimento. Chi lo sa, potrebbe emergere un capolavoro inaspettato, capace di coniugare il buon gusto con l’audacia, la tecnica persuasiva con la necessità di rompere gli schemi. Alla fine, in un mondo sempre in evoluzione, la follia potrebbe essere l’ingrediente segreto per creare qualcosa di veramente straordinario.

Per chiudere il discorso, quasi come un’esplosione di creatività, voglio tirare fuori questo pensiero: Sì, è facile tuffarsi nel mondo della “UX” quando c’è già un mare di opzioni, una sorta di buffet infinito di ispirazioni. Ma ecco la cosa: la “UX” è un’opportunità da sfruttare con stile. Puoi optare per la strada della copia, nascondendoti dietro il solito “non c’è tempo”, oppure puoi alzare lo sguardo, cogliere l’attimo e dedicarlo a quello che la “UX” fa meglio: rendere ogni esperienza unica.

Copiare può sembrare il percorso più rapido, ma la magia della “UX” emerge quando ci si lancia in avventure audaci, quando si rompono le regole e si trasforma un progetto ordinario in qualcosa di straordinario. Quindi, anziché ripiegare sulla scusa del tempo limitato, perché non abbracciare l’opportunità, abbracciare il caos della creatività e dedicare quei preziosi istanti a creare qualcosa di autenticamente ingegnioso e coinvolgente? Alla fine, la “UX” è l’arte di plasmare un mondo che non solo funziona bene, ma che sorprende e ispira, magari con quel tocco di follia che rende tutto davvero straordinario.

La vera avventura della “UX” inizia quando ci si trova di fronte a una sfida che non può essere affrontata con la scorciatoia della velocità. Tipo esempio di prima su Uber. È quando la creatività si libera e il design diventa più di una semplice necessità funzionale. Inizia quando, al termine del lavoro, non si può fare a meno di essere fieri, perché hai plasmato qualcosa di più di un’interfaccia, hai dato vita a un’esperienza.

La “UX” diventa autentica quando chi utilizza il tuo lavoro non solo trova qualcosa di utile, ma scopre un valore aggiunto, qualcosa di sorprendente e coinvolgente. È quel momento in cui il tuo design non è solo una soluzione pratica, ma un viaggio che lascia un’impronta duratura nell’esperienza dell’utente.

Correlati

Tags